I contratti di viaggio al tempo del Covid

La disciplina in materia di contratti di viaggio e pacchetti turistici conosce da tempo soluzioni specifiche in materia di recesso e impossibilità di fruizione della prestazione volte a contemperare le esigenze del consumatore con quelle dei soggetti operanti nel settore (vettori, tour operators e agenzie di viaggio).

Già prima dell’introduzione della disciplina specifica di matrice comunitaria, la giurisprudenza proprio in materia di contratti di pacchetti turistici, valorizzando la c.d. causa in concreto  del contratto, aveva offerto soluzioni volte a tutelare l’acquirente a fronte di situazioni impeditive della normale fruizione del viaggio (quali, in particolare, la sussistenza di epidemie nel luogo di destinazione).

Il Codice del turismo ha, quindi, fornito una disciplina di equilibrio piuttosto articolata, che differenzia le ipotesi di recesso del fruitore del viaggio determinate da “circostanze inevitabili e straordinarie relative al luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o del trasporto”, a fronte delle quali il viaggiatore recedente ha diritto al rimborso integrale delle spese, dalle altre ipotesi di recesso del fruitore del viaggio o dell’organizzatore.

In tale contesto normativo si collocano, quindi, le misure straordinarie varate dal governo con la decretazione d’urgenza contestualmente alla introduzione delle misure straordinarie di contenimento della mobilità dovute all’epidemia di COVID-19.

Proprio in relazione ai contratti di viaggio, la tutela del viaggiatore ha avuto modo di svilupparsi per via giurisprudenziale ancor prima del recepimento delle norme di matrice comunitaria.

In una risalente pronuncia della Cassazione, che torna oggi più che mai di attualità, gli ermellini hanno spiegato come lo “scopo edonistico” del contratto, cioè la ragione che spinge il viaggiatore a concludere il contratto, non rileva semplicemente quale motivo del contratto, normalmente del tutto irrilevante ai fini giuridici in quanto attinente alla sfera soggettiva interna del contraente, ma al contrario assume rilevanza giuridica quale causa in concreto del contratto, divenendo “l’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare” (Cass. 24.07.2007, n. 16315).

La vicenda in esame era proprio relativa ad un caso di recesso da parte del viaggiatore da un contratto di viaggio “tutto compreso” nell’isola di Cuba, disdetta motivata dal fatto che in quel periodo nell’isola era in atto un’epidemia di “dengue” emorragico. L’agenzia viaggi chiedeva al tour operator di essere esonerata dal pagamento della penale pattuita convenzionalmente per il recesso poiché lo stesso era stato determinato appunto da una causa di forza maggiore, in subordine chiedeva che venisse ridotta la penale pattuita.

Su tale scenario si colloca, quindi, la disciplina dei contratti di pacchetti turistici, che trova nel nostro ordinamento un’organica regolamentazione nel d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79, attuativo della direttiva 2008/122/CEE, da ultimo modificato con il d.lgs. 21 maggio 2018, n. 62 (c.d. Codice del turismo).

Si tratta di una disciplina volta a tutelare la c.d. parte debole del contratto, il cui ambito oggettivo di applicazione non è più circoscritto ai soli pacchetti turistici, o servizi collegati, venduti o offerti nel territorio nazionale, comprendendo altresì ad esempio quelli venduti on line.

Come noto, per pacchetto turistico si intende la combinazione di almeno due tipologie di servizi turistici, quali il trasporto, l’alloggio, il noleggio di veicoli o altro servizio turistico collegato al viaggio, che siano combinati da un unico professionista, o, anche se conclusi con singoli fornitori di servizi turistici, che siano acquistati presso un unico punto vendita, oppure offerti ad un prezzo forfettario, o pubblicizzati sotto denominazione di “pacchetto” o denominazione analoga oppure, infine, combinati entro 24 ore dalla conclusione di un primo contratto, anche con processi collegati di prenotazione on line.

Al contratto di viaggio concluso dal consumatore che non configuri un pacchetto turistico si applicano, invece, le disposizioni del Codice del consumo di cui al d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e la specifica disciplina di settore di matrice comunitaria, e in particolare il Regolamento n. 261/2004/CE, in tema di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di cancellazione o ritardo del volo e il Regolamento n. 177/2010/UE, in tema di trasporti via mare.

La disciplina del Codice del turismo offre un’ampia tutela nei confronti del viaggiatore in caso di recesso di una delle parti dal contratto di pacchetto turistico, contenuta negli articoli 41 e 42 del Codice del turismo. In particolare, l’art. 41 distingue tre ipotesi di recesso:

  1. recesso del viaggiatore: il viaggiatore può recedere dal contratto di pacchetto turistico in qualsiasi momento antecedente all’inizio del pacchetto, ma dovrà corrispondere all’organizzatore le spese sostenute adeguate e giustificabili;
  2. recesso dell’organizzatore: l’organizzatore può recedere dal contratto di pacchetto turistico in qualsiasi momento antecedente all’inizio del pacchetto offrendo al viaggiatore il rimborso integrale dei pagamenti da lui effettuati oltre ad un’indennità supplementare. L’indennità non è dovuta quando il numero di persone iscritte al pacchetto è inferiore al minimo previsto dal contratto o l’organizzatore non è in grado di eseguire il contratto a causa di circostanze inevitabili e straordinarie;
  3. recesso del viaggiatore dovuto a circostanze invitabili e straordinarie: in caso di circostanze inevitabili e straordinarie (terremoti, catastrofi naturali, atti di terrorismo, epidemie) verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare.

L’art. 42 del Codice del turismo prevede, inoltre, che in caso di recesso, salvo nell’ipotesi in cui questo sia dovuto a sua colpa, il viaggiatore potrà usufruire di un pacchetto turistico alternativo di qualità equivalente o superiore, senza supplemento di prezzo, o di qualità inferiore, previa restituzione della differenza. La scelta è rimessa al viaggiatore che se non opta per una di queste soluzioni avrà diritto al rimborso integrale della somma corrisposta all’organizzatore entro sette giorni lavorativi dal recesso o dalla cancellazione del pacchetto turistico.

La disciplina speciale introdotta dal d.l. 2 marzo 2020, n. 9 (c.d. Decreto Cura Italia)

Contestualmente all’iniziale introduzione di misure straordinarie incidenti sulla mobilità per fronteggiare l’epidemia COVID-19, e con un leggero anticipo rispetto alla successiva introduzione generalizzata su tutto il territorio italiano di misure di limitazione degli spostamenti e della mobilità, il governo ha introdotto con il decreto legge c.d. Cura Italia una disciplina speciale in relazione alla sorte dei contratti di viaggio e di pacchetti turistici.

Si tratta, di una normativa che sembra – per quanto possibile – improntata alla ricerca di un equilibrio tra la tutela del viaggiatore e del consumatore e la difesa delle imprese operanti in un settore fondamentale, quale quello turistico, a fronte della straordinaria situazione verificatasi.

Se da un lato, infatti, sono state tipizzate una serie di ipotesi specifiche di “sopravvenuta impossibilità” della prestazione legate alle misure di contenimento della mobilità introdotte, e in via di introduzione, per fronteggiare l’epidemia (in certa misura, più ampie rispetto alla normativa del Codice del turismo), dall’altro lato, sono stati previsti una serie di rimedi alternativi, evidentemente, diretti ad alleviare, nella misura in cui ciò sia possibile, il pregiudizio per il settore.

Il decreto legge ha, in primo luogo, individuato una serie di ipotesi qualificate sia come cause di “sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 1463 c.c.”, con ottica evidentemente rivolta ai prestatori dei servizi di viaggio e turistici, che come motivi giustificanti il recesso da parte del viaggiatore.

Tali ipotesi, sono più ampie rispetto a quelle previste dal Codice del turismo, limitate invece a “circostanze inevitabili e straordinarie relative al luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o del trasporto”, e includono,  una serie di motivi ulteriori legati alla impossibilità soggettiva (vuoi per malattia che per sottoposizione a misure restrittive degli spostamenti che interessano anche, più in generale, con riferimento al luogo di provenienza) o all’annullamento degli eventi giustificativi del viaggio.

In sintesi, le ipotesi di “sopravvenuta impossibilità della prestazione” e giustificanti al contempo il recesso anche del consumatore, individuate dall’art. 28, comma 1, del d.l. 2 marzo 2020, n. 9, riguardano:

  1. la sottoposizione del viaggiatore a misure sanitarie e/o restrittive della circolazione o la provenienza del medesimo da zone di residenza o domicilio soggette a divieti di circolazione e allontanamento, che ricomprendono – ad oggi – tutto il territorio dello stato (art. 28, comma 1, lett. a), b) e c));
  2. la provenienza e/o la direzione in uno dei luoghi interessati dal contagio destinatari delle misure di restrizione a tutela della salute pubblica per il periodo in cui avranno durata tali limitazioni (come descritte nei provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito in legge 5 marzo 2020, n. 13 (art. 28, comma 1, lett. d));
  3. l’acquisto del titolo di viaggio per la partecipazione a manifestazioni, eventi, concorsi pubblici o privati annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti in attuazione dei provvedimenti sanitari emergenziali (art. 28, comma 1, lett. e));
  4. la destinazione del viaggio, acquistato in Italia, in un paese straniero dove  sia  impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione  della  situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19. (art. 28, comma 1, sub lett. f)).

La disciplina si applica a qualsiasi tipo di trasporto, aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre.

La sussistenza di una delle ipotesi di cui sopra, dà diritto al viaggiatore che abbia già acquistato il titolo di viaggio a esercitare il diritto di recesso, mediante invio al vettore di una comunicazione entro trenta giorni decorrenti dalla cessazione delle ipotesi restrittive della circolazione o dalla data di annullamento dell’evento e/o di partenza nelle ipotesi di cui all’art. 28, comma 1, lett. e) e f).

Ricevuta la comunicazione il vettore deve procedere entro 15 giorni al rimborso del corrispettivo o all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro l’anno.

La scelta tra i due rimedi alternativi sembra esser rimessa al vettore stesso. Ciò ha suscitato dubbi di compatibilità rispetto alla disciplina più favorevole prevista dal Codice del turismo (contemplante il diritto del viaggiatore di richiedere in ogni caso il rimborso entro 7 giorni), con conseguente teorica possibilità di contestarne la legittimità costituzionale nella misura in cui i rimedi si riferiscono a previsioni di impossibilità contemplate, in attuazione delle direttive comunitarie, dall’art. 41 del Codice del turismo.

Sotto questo profilo risulterebbero essere già stati sollevati esposti all’Autorità Garante dalle associazioni dei consumatori nei confronti di operatori che hanno rifiutato di procedere al rimborso richiesto dai consumatori.

Occorre, peraltro, evidenziare che ai sensi dell’art. 28, comma 8, d.lgs. 2 marzo 2020, n. 9 “le disposizioni di cui al presente  articolo  costituiscono,   norme  di  applicazione necessaria” il che significa che tale disciplina, nelle intenzioni del governo che le ha emanate, dovrebbe derogare alla normativa comunitaria e di diritto internazionale.

La ricorrenza di una delle ipotesi di cui sopra dà diritto altresì al recesso dal contratto di pacchetto turistico ai sensi dell’articolo 41 del Codice del turismo da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena obbligatoria o fiduciaria nelle aree interessate dal contagio destinatarie delle misure di restrizione a tutela della salute pubblica.

Anche in questo caso la disciplina emergenziale ha previsto la possibilità per l’organizzatore di offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, oppure di procedere al rimborso nei termini previsti dai commi 4 e 6 dell’art. 41 del Codice del turismo (vale a dire, al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, senza addebito delle spese di recesso, per il viaggiatore, e senza il diritto a un indennizzo supplementare, per l’organizzatore) o, infine, di emettere un voucher di importo pari al rimborso, da utilizzare entro un anno dall’emissione.

Analoga facoltà di procedere alternativamente al rimborso o all’emissione di un voucher da utilizzare entro un anno dall’emissione è prevista in relazione agli obblighi di risarcimento del vettore nei confronti dell’organizzatore.

Ancorché il Decreto Cura Italia faccia riferimento a motivi di impossibilità e recesso di viaggi e pacchetti turistici da eseguirsi nei soli periodi di riferimento della decretazione di urgenza restrittiva degli spostamenti, la previsione di una serie di ipotesi eterogenee (alcune delle quali riferite a condizioni soggettive dei fruitori e altre alla normativa vigente in determinate zone) nonché la preventivata graduale rimozione delle misure d’urgenza, lascia verosimilmente presumere un’ultrattività delle misure introdotte anche oltre le date indicate per le diverse fasi di ritorno alla c.d. “normalità”.

La disciplina speciale e d’urgenza prevista dal Decreto Cura Italia (da confermare o eventualmente modificare in sede di conversione in legge), in ogni caso, non fa venire meno la concorrente applicazione delle norme previste dalla disciplina ordinaria a tutela del turista e del consumatore, per le ipotesi dalla prima non disciplinate.

Nel caso di recesso dell’organizzatore dal contratto di pacchetto turistico, ad esempio, poiché nulla prevede al riguardo la disciplina speciale del Decreto Cura Italia, continueranno a trovare applicazione le disposizioni del Codice del turismo: l’organizzatore dovrà pertanto rimborsare integralmente al viaggiatore quanto da lui corrisposto, mentre non sarà dovuta l’indennità supplementare, poiché il recesso è determinato da circostanze straordinarie ed inevitabili.

Laddove sussistessero poi lacune normative, non è da escludersi l’intervento giurisprudenziale, che potrebbe apprestare tutela ai viaggiatori impossibilitati a fruire del viaggio o del pacchetto turistico, anche nella fase di c.d. ritorno alla “normalità”, sulla base dell’orientamento già espresso precedentemente all’entrata in vigore del Codice del turismo.