Le sorti dei figli minori nella separazione dei conviventi di fatto

È possibile l’affidamento e il mantenimento dei figli minori dei conviventi di fatto in caso di separazione della coppia?

Le norme del codice civile che regolano l’affidamento dei figli sono state oggetto di un’ampia riforma da parte della L. n. 219 del 10/12/2012 sulla filiazione naturale e del D.lgs. n.154 del 28/12/2013, che ha parificato la condizione giuridica di tutti i figli.

In relazione all’affidamento e al mantenimento dei figli nati da genitori non sposati, essi sono pienamente tutelati indipendentemente da qualsiasi vincolo matrimoniale o dichiarazione di convivenza dei genitori e sono pienamente equiparati ai figli nati da genitori coniugati, con conseguente riconoscimento degli stessi diritti. Quindi, se al momento della separazione della coppia di fatto sono presenti figli che siano ancora minorenni è necessario avviare una pratica di regolazione dell’affido degli stessi. Ne deriva che i genitori non sposati, che vogliano formalizzare l’accordo sull’affidamento dei figli dopo la cessazione della convivenza, possono presentare un apposito ricorso al Tribunale ordinario del luogo dove risiedono i figli. Se viene raggiunta un’intesa fra i genitori sui diversi punti quali affidamento, assegno, visite, ecc., non sarà obbligatorio il ricorso al Tribunale per i minorenni che entra in gioco solamente quando può verificarsi un grave pregiudizio per la prole.

Anche in caso di figli nati fuori dal matrimonio, valendo gli stessi diritti dei figli di coppie sposate, la scelta, salvo casi eccezionali, deve essere quella dell’affidamento condiviso. Ed infatti, proprio il Tribunale di Milano con ordinanza 11 marzo 2016 stabilisce che “la regola dell’affidamento condiviso non è negoziabile dai genitori e, soprattutto, non è ammissibile una rinuncia all’affido bigenitoriale da parte di uno dei partners, in quanto trattasi di un Diritto del Fanciullo e non dei genitori” (Trib. Milano, sez. IX civ, ordinanza 11 marzo 2016, 14741).

Il giudice, poi, non si dovrà pronunciare esclusivamente sull’affidamento e sul diritto di visita ma anche sul mantenimento dei figli, sulle spese e sull’assegnazione della casa familiare. I genitori devono infatti provvedere alle necessità della prole in misura proporzionale alle rispettive capacità reddituali ed economiche. Il giudice dopo aver confrontato le diverse posizioni dei due ex conviventi deciderà chi tra i due è tenuto a corrispondere l’assegno di mantenimento e la misura dello stesso, fino a quando i figli non saranno economicamente autosufficienti, ma ad ogni modo tale obbligo di mantenimento non cessa al raggiungimento della maggiore età.

Inoltre, nella determinazione dell’entità dell’assegno, il magistrato deve tenere conto altresì del tenore goduto dai figli durante la convivenza. Si ritiene, quindi che, l’esercizio della responsabilità genitoriale può e deve essere garantito attraverso la previsione di tempi equi da trascorrere insieme ai figli dopo la fine della convivenza, nell’esclusivo interesse della prole alla bigenitorialità. Si pensa inoltre, che, per l’equilibrio psico-fisico del minore, sia preferibile che costui venga collocato presso l’abitazione del genitore – collocatario – capace di assicurare una maggiore presenza e cura.

La giurisprudenza post-riforma tende a incoraggiare il pernottamento di una o due notti presso il genitore non collocatario, che in genere è ancora il padre. Infine si ricorda che il ricorso per l’affidamento dei figli è facoltativo, essendo a volte è sufficiente l’accordo privato tra i genitori, ma comunque, in caso contrario, al fine della tutela dei figli, il ricorso al giudice diventa obbligatorio.